Il mondo del lavoro nel post pandemia è senza dubbio cambiato e con esso i lavoratori. Diversi studi hanno mostrato come da un interesse economico primario si sia passati alla necessità di un welfare aziendale su base sanitaria.
Complice anche, ma non solo, la crisi pandemica degli ultimi anni, i lavoratori hanno spostato le loro esigenze primarie per il raggiungimento del benessere lavorativo nell’importanza di ricevere una adeguata assistenza sanitaria da parte dell’azienda, per il lavoratore stesso e anche per tutto il nucleo familiare.
Va detto che oggi circa l’80% dei contratti collettivi nazionali hanno una copertura sanitaria con fondi assicurativi. Tuttavia, le risorse messe in atto sono limitate ad alcune prestazioni o sono comunque insufficienti alle esigenze dei lavoratori.
Negli ultimi anni, la spesa privata per il welfare ha pagato circa 38 miliardi di euro di cui, tramite le dichiarazioni o i rimborsi sanitari assicurativi solo il 10% è rimborsato. Questo significa che 34 miliardi di euro sono a carico esclusivo delle famiglie. Altro grande problema dei fondi sanitari aziendali è che spesso si interrompono con il pensionamento del dipendente, quando in teoria se ne avrebbe maggior bisogno.
Italia quartultima come soddisfazione lavorativa
Nel 2022 le dimissioni in Italia sono state 2,2 milioni. Un fenomeno che non possiamo non tenere in considerazione quando parliamo delle necessità dei lavoratori.
L’Italia è al quartultimo posto come soddisfazione lavorativa. Peggio di noi solo Bulgaria, Serbia e Grecia, non proprio un primato di cui andare fieri. Della popolazione lavorativa, solo il 19% delle persone si dichiara altamente soddisfatta.
In questo dato si inserisce lo studio di Federmanager che abbiamo condotto sulla popolazione di manager assistiti dal Fasi (fondo assistenza sanitaria integrativa dei dirigenti). La Federmanager ha coinvolto nello studio 2.935 dirigenti: il 9.5% al di sotto dei 45 anni, il 47,4% dai 46 ai 55 anni e il 43% oltre i 55. La domanda posta era di inserire in una scala da 1 a 10 l’importanza del welfare aziendale. Il risultato è stato che i dirigenti riconoscono al benessere dei lavoratori un punteggio di 7,5. Un primo importante passo per una condizione migliore del benessere dei lavoratori.
Welfare aziendale: le indagini di Praesidium sui dirigenti
Complice anche la pandemia, moltissime aziende hanno prodotto risposte immediate e concrete alle nuove esigenze dei lavoratori. Prima fra tutte la nascita e l’implemento dello smart – working che oggi coinvolge circa l’85% delle aziende. Un buon 52% delle industrie ha introdotto sistemi di ascolto e rilevazione del clima aziendale per captare le esigenze di conciliare vita e lavoro, le necessità di formazione o si assistenza sanitaria.
In sostanza esistono 3 fattori di welfare aziendale che oggi sono attenzionati anche dalla Praesidium, società del sistema Federmanager e broker di riferimento del Fondo sanitario Integrativo Assidai: il fattore tempo, ovvero l’equilibrio necessario tra il lavoro e la vita privata. Il fattore denaro, sebbene passato in seconda posizione resta ancora un importante tassello nella costruzione di un solido rapporto di lavoro. Terzo fattore, l’assistenza sanitaria e i servizi messi a disposizione dei dipendenti.
Welfare aziendale e sanità pubblica: due lati della stessa medaglia
È necessario integrare l’assistenza sanitaria aziendale alla sanità pubblica. Sempre più spesso, infatti, il sistema pubblico non è in grado di rispondere prontamente alle esigenze dei pazienti che riversano enormi fondi di denaro in spese private sanitarie.
La spesa sanitaria out of pocket in Italia, infatti, è altissima, la più alta in Europa. Invece di interrogarsi sulle attribuzioni regionali, occorre preoccuparsi della possibilità stessa di accesso alle cure da parte delle famiglie.
Non è sufficiente potenziare la spesa sanitaria pubblica che dovrebbe uscire sempre più da un sottofinanziamento rispetto ai fabbisogni sanitari. Bisognerà sempre più coinvolgere la contrattazione collettiva e aggiornare o rimuovere tutti i limiti normativi e fiscali che limitano di fatto l’espandersi di soluzioni integrative
Sono anni che si parla di integrazione tra sanità pubblica e assistenza sanitaria privata. Gli operatori privati possono garantire maggiormente le prestazioni a livello nazionale, e integrarle anche con la telemedicina dove gli operatori privati sono già molto avanti, che può diventare uno strumento di ottimizzazione della spesa e di efficienza organizzativa.
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