Il periodico di Federmanager Roma

Lo specchietto per le allodole

Lo specchietto per le allodole

Legge di Bilancio 2025: qualcosa di buono anche per i Pensionati o solo uno specchietto per le allodole?

Mentre questa rivista va in stampa, è in discussione in Parlamento il DDL relativo alla manovra di bilancio 2025. Finalmente, è previsto il ripristino del meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni, un tema cruciale per i pensionati che, negli ultimi anni, hanno visto erodere il loro potere d’acquisto a causa di una serie di misure punitive. Tali misure, spesso adottate negli ultimi due decenni, hanno progressivamente ridotto la sostenibilità dei loro redditi.

Il DDL prevede il ritorno al meccanismo di adeguamento tradizionale.  La rivalutazione dei trattamenti pensionistici avverrà secondo le disposizioni dell’articolo 34, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n, 448, con l’applicazione delle aliquote di rivalutazione per scaglioni di reddito (100%, 90%, 75%) e non più sul totale dell’importo, come avveniva dal 2012 con il sistema a fasce, più penalizzante.

Questo ritorno al meccanismo tradizionale di adeguamento (sempre parziale) delle pensioni all’inflazione arriva dopo una catena di interventi penalizzanti che hanno progressivamente ridotto il potere d’acquisto delle pensioni per decenni. I pensionati hanno subito ripetute perdite a causa di blocchi delle rivalutazioni, modifiche peggiorative del meccanismo di perequazione e l’applicazione di contributi di solidarietà, che hanno pesato in particolare sulle pensioni medio-alte. Questi interventi hanno gravemente compromesso la capacità dei pensionati di mantenere un tenore di vita dignitoso, nonostante abbiano versato contributi previdenziali e pagato l’imposta sul reddito fino all’ultimo centesimo, con prelievo alla fonte.

Nonostante i moniti della Corte Costituzionale, che ha più volte richiamato il legislatore al rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, nell’adozione delle misure di bilancio hanno sempre prevalso gli interessi del pubblico erario. I continui blocchi o modifiche del meccanismo di perequazione, specialmente sulle pensioni superiori a quattro volte il minimo, hanno compromesso l’obiettivo fondamentale di tutelare il potere d’acquisto delle pensioni.

La Corte Costituzionale ha richiamato l’attenzione sul fatto che esiste un limite temporale nell’applicare misure riduttive alle pensioni: la sospensione prolungata del meccanismo di perequazione, o la reiterazione frequente di interventi volti a bloccarlo, mette a rischio il sistema, violando i principi di ragionevolezza e proporzionalità. Anche le pensioni più alte, di fatto, potrebbero non essere sufficientemente protette dalle variazioni del potere d’acquisto. Questo perché una perdita temporanea del potere d’acquisto ha un effetto di “trascinamento” che diventa permanente, poiché le rivalutazioni future vengono calcolate non sul valore originario della pensione, ma sull’ultimo importo, già ridotto dal mancato adeguamento. Un processo che erode progressivamente il valore reale delle pensioni senza possibilità di recupero.

Con il ritorno al sistema tradizionale di rivalutazione delle pensioni su tre fasce, si spera che la lunga stagione di tagli e penalizzazioni sia finalmente giunta al termine. Resta la consapevolezza che le perdite subite dai pensionati nel corso degli anni non potranno mai essere completamente recuperate. Ora, più che mai, sarà fondamentale mantenere un impegno costante affinché questi sacrifici non vengano riproposti in futuro, garantendo ai pensionati una maggiore stabilità e tutela del loro potere d’acquisto.

Una generosità con veleno

Ma questo ritorno alla normalità non è per tutti. Purtroppo, resta una coda “avvelenata” anche in questo apparente sussulto di generosità governativa, con una misura discriminatoria e punitiva rivolta ai pensionati con residenza all’estero. Secondo il recente “Rapporto INPS Le pensioni pagate all’estero: nuovi flussi, nuovi destinatari, nuove mete, nuove tendenze”, molti di questi pensionati hanno scelto di trasferirsi al seguito dei figli che si sono spostati all’estero, necessitando magari del loro aiuto per i nipoti o cercando la vicinanza familiare o magari per assicurarsi una vecchiaia assistita dall’affetto sempre necessario di figli e nipoti.

Per questi pensionati, tuttavia, la rivalutazione è negata per il 2025, salvo per chi riceve un assegno pari al trattamento minimo. Questa misura, contenuta nell’art. 27 della proposta di legge di bilancio 2025, appare non solo incomprensibile ma anche profondamente lesiva di diritti sanciti da regole internazionali che vietano discriminazioni tra residenti e non residenti in materia di sicurezza sociale, di cui la pensione è una componente essenziale. Tra questi strumenti giuridici figurano la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, il Regolamento Europeo n. 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale, e altre convenzioni bilaterali o multilaterali ratificate dall’Italia.

Una discriminazione inaccettabile

La norma in questione crea una disparità evidente e illegittima tra pensionati residenti in Italia, che beneficeranno degli aumenti, e pensionati residenti all’estero, che ne sono esclusi. Tale discriminazione non solo viola il principio costituzionale di uguaglianza (art. 3 Cost.), ma si pone in aperta contraddizione con gli obblighi internazionali assunti dall’Italia.

Il carico fiscale sul ceto medio

Il Rapporto Censis-Cida di maggio 2024 evidenzia un problema urgente: l’eccessivo carico fiscale che grava sul ceto medio, già ampiamente penalizzato da un sistema impositivo che, sotto vari aspetti, sembra discostarsi dai principi costituzionali (Art. 53). Dal Rapporto emerge che il ceto medio, inclusa la componente dei pensionati, rappresenta un pilastro fondamentale dell’economia e della società italiana, ma è costantemente esposto a una pressione fiscale eccessiva e sproporzionata rispetto ad altre categorie, Questa fascia di contribuenti, pur contribuendo significativamente alla sostenibilità del sistema fiscale e del welfare, è ignorata nelle riforme necessarie di detrazione e perequazione.

In particolare, i pensionati subiscono un’erosione continua del loro reddito, aggravata dalla mancata perequazione delle pensioni e da un sistema fiscale che non considera la loro impossibilità di generare nuove fonti di guadagno. Intanto, come osservato da Stefano Cuzzilla, presidente di CIDA, si tratta di una “scure fiscale” che si abbatte sul ceto medio: per i lavoratori dipendenti con redditi superiori a 75.000 euro lordi annui, la progressiva eliminazione delle detrazioni rappresenta un’ulteriore penalizzazione per oltre un milione di contribuenti, coloro che sostengono il sistema fiscale e i servizi essenziali del Paese.

Questa limitazione delle detrazioni rischia di compromettere la partecipazione attiva di lavoratori e pensionati e di scoraggiare l’impegno professionale e la produzione di reddito. Come sottolinea Cuzzilla, si rischia di diffondere un messaggio scoraggiante: “non conviene eccellere, non conviene impegnarsi, non conviene produrre”.

Senza una visione di lungo termine che consideri le diverse realtà economiche, la manovra rischia di compromettere il benessere e l’attrattività del lavoro nel nostro Paese. Pertanto, diventa essenziale una riforma strutturale che ristabilisca un equilibrio fiscale, distribuendo il carico delle tasse in modo equo tra le diverse categorie di contribuenti. È necessario attuare una “riforma orizzontale”, che preveda prelievi in rapporto all’ammontare dei redditi, non con riferimento alla loro fonte.

Separare previdenza e assistenza: un’esigenza di trasparenza

Un altro tema centrale è la separazione tra previdenza e assistenza, una misura richiesta da tempo per garantire maggiore trasparenza e proteggere il sistema previdenziale italiano dalle critiche degli organismi internazionali, che lo giudicano eccessivamente oneroso, ritenendolo un rischio per la stabilità finanziaria dell’intera area euro. È importante sottolineare che gran parte della spesa considerata eccessiva riguarda l’assistenza, ovvero le misure rivolte a categorie che non hanno contribuito direttamente o in misura significativa al sistema previdenziale.

La separazione di previdenza e assistenza permetterebbe di chiarire la gestione delle risorse e di evitare che il sistema previdenziale venga accusato ingiustamente di generare eccessi di spesa pubblica. Tale distinzione darebbe maggiore trasparenza anche nelle valutazioni da parte degli organismi internazionali.

Conclusione

La legge di Bilancio 2025 rappresenta una buona occasione per correggere alcune delle storture che hanno segnato il sistema pensionistico italiano, a partire dalla necessità di un meccanismo di rivalutazione delle pensioni più equo e dall’eliminazione del sistema a fasce, che ha finora penalizzato ingiustamente molti pensionati. Tuttavia, la presenza di misure penalizzanti per i pensionati all’ estero introduce un elemento di evidente ingiustizia, sia sul piano morale che costituzionale. Diventa necessario ed urgente un intervento delle nostre Rappresentanze inteso ad eliminare questa inaccettabile discriminazione.

Per concludere. In ogni caso, non possiamo lasciare che siano solo le nostre Rappresentanze a sostenere queste riforme: è fondamentale che ciascuno di noi, pensionati inclusi, contribuisca attivamente, partecipando con convinzione e continuità alle iniziative a sostegno di queste istanze.

Un’ampia e attiva partecipazione farà la differenza. Solo unendo le forze potremo ottenere un sistema pensionistico e fiscale più giusto, che non continui a penalizzare chi ha contribuito per una vita allo sviluppo economico e sociale del Paese: il ceto medio e, all’interno di questa componente, i pensionati. Entrambi sempre più poveri.

 

 

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