L’assessore allo Sviluppo Economico, Turismo e Lavoro del comune di Roma Carlo Cafarotti ha risposto ad alcune nostre domande. Cerchiamo di capire come, in ambiti strategici per la ripresa economica, la capitale stia reagendo alla crisi post coronavirus
Seppure in sofferenza, con ancora negli occhi e nella memoria il dramma di oltre 60 giorni di lockdown e di una città spettrale come non l’avevamo mai vista, Roma, la Capitale, sta ripartendo. Tante le incognite legate al presente e al futuro, da un’economia cittadina che con fatica sta provando a rimettersi in moto, ad imprescindibili necessità, come la ripresa del flusso turistico e la pianificazione di interventi a favore dei cittadini. Per cercare di fare chiarezza e di comprendere come l’amministrazione intende rispondere a queste e ad altre urgenze, abbiamo rivolto qualche domanda a Carlo Cafarotti, assessore allo Sviluppo Economico, Turismo e Lavoro del comune di Roma. Ci auguriamo che questi mesi faticosamente trascorsi possano rappresentare un’occasione di rinnovata crescita per la città. Federmanager Roma, come recentemente sottolineato in occasione della presentazione dello studio “Le prospettive di Roma capitale”, crede che la nostra città, tanto più oggi, abbia bisogno di ritrovare fiducia nel futuro e recuperare una visione a lungo termine che superi l’emergenza.
Alla luce del Decreto Rilancio e delle misure preventive imposte per la Fase2, come giudica la risposta di Roma? La Capitale è pronta a ripartire? Di cosa non si potrà fare a meno per riavviare l’economia della città?
A mio avviso Roma si è correttamente riavviata verso la ripartenza: il terziario avanzato ha fatto ampio ricorso allo smart working, e con successo direi. Purtroppo tanta parte del PIL romano è legato alla presenza fisica delle persone, dei clienti. Basti pensare all’industria del turismo e a tutte le imprese in generale, che faticano a tornare ai livelli precedenti di redditività necessaria a garantirne la sopravvivenza. I flussi di turisti e in generale la presenza fisica delle persone sono in tal senso irrinunciabili.
Ha dichiarato recentemente che è massima priorità del suo assessorato salvare commercio e turismo e ha rivolto in tal senso un appello al ministro Franceschini. Ha avuto qualche riscontro utile? Quali sono a suo avviso gli ostacoli più grandi e quali le misure indispensabili per consentire al comparto di ripartire?
In parte abbiamo avuto riscontro, è oltremodo necessario lavorare con ENIT al piano di comunicazione coordinato del “Sistema-Paese Italia”, una campagna nazionale per il rilancio del settore. Il turismo merita molta attenzione, dato il suo peso economico. Di sicuro, una chiave per la riconquista dei flussi di turisti stranieri è quella della sicurezza sanitaria: ad oggi, la “destinazione Italia” potrebbe essere ancora percepita come “rischiosa”. A questa suggestione vanno contrapposte iniziative puntuali, mi riferisco in particolar modo alle certificazioni “Safe Tourism” cui stiamo lavorando e che, a mio avviso, ogni città e regione dovrebbe conseguire, per l’intera filiera turistica, unitamente a una relativa campagna marketing.
Sul fronte Lavoro, come ha reagito Roma alla crisi dovuta alla pandemia? Quali passi ha compiuto e intende compiere l’amministrazione capitolina per aiutare gli imprenditori e sostenere l’occupazione sul territorio?
Nei limiti delle disponibilità finanziarie degli Enti Locali, abbiamo posticipato tutti i maggiori pagamenti dovuti (es. tassa di soggiorno, COSAP, TARI, etc.) proprio per dare un respiro alle casse delle aziende. A Roma, stiamo lavorando all’esenzione COSAP per l’anno 2020. Quanto all’ipotesi di annullamento degli altri tributi, come richiesto da più parti, è necessaria una compensazione governativa.
Su Roma sono stati realizzati molti studi e relativi convegni. Tra questi ricordiamo: lo Studio promosso dalla Camera di Commercio (coordinato dal prof. De Masi), quello presentato da Unindustria (con la collaborazione di European House Ambrosetti) e, ultimo in ordine cronologico, lo Studio Federmanager Roma in collaborazione con l’Università La Sapienza. Tutti questi lavori hanno un unico comun denominatore: la necessità di dare un indirizzo strategico di medio-lungo periodo alle iniziative di rilancio della Capitale. Quale il vostro progetto a riguardo?
La pianificazione strategica è al centro del nostro operato: abbiamo già concluso i lavori nel settore del turismo, con il piano FUTOUROMA. In questo momento stiamo lavorando alla pianificazione dell’intera filiera agroalimentare: dalla produzione alla nutrizione, il cosiddetto “Piano Agrifood”. Successivamente avvieremo i lavori con focus sullo “Smart Business“, focalizzandoci sull’utilizzo intensivo delle tecnologie. La visione strategica della città è fondamentale e plasmerà lo sviluppo della capitale nei prossimi anni: questo lavoro sarà patrimonio della Capitale.
Prima del lockdown il suo assessorato aveva dato avvio ad una serie di consultazioni con le parti sociali e altre istituzioni, compresa Federmanager Roma, per avviare un percorso programmatico. Il discorso è riprendibile?
Assolutamente sì, la partecipazione di tutti gli stakeholder, coordinata dall’Ente, è un ingrediente necessario al buon esito del percorso programmatico.
In proposito uno dei problemi ricorrenti (non solo per la realtà di Roma), enfatizzato anche nella gestione della pandemia, è rappresentato dalla complessità dei rapporti tra istituzioni: regioni, comuni, aree metropolitane e ciò che resta delle province. Come avviare una sinergia concreta tra le parti?
Ho potuto toccare con mano gli effetti collaterali della frammentazione di responsabilità tra gli Enti ed assistere a casi di mancato coordinamento tra gli stessi. Con i colleghi regionali di riferimento (Sviluppo Economico e Turismo) c’è un buon canale. Osservo però che la Capitale d’Italia non dovrebbe essere istituzionalmente intermediata dalla Regione nei rapporti con il governo, questo molto spesso è causa di rallentamenti. Ritengo che la riorganizzazione di questi processi e interazioni dovrebbe essere frutto di un lavoro dedicato da parte del Governo e del Parlamento, perché la stratificazione di competenze, e leggi, rende tutto estremamente farraginoso.