Per parlare di reputazione abbiamo rivolto le nostre 3 domande a Davide Ippolito: Cofounder e CEO di Zwan e Reputation, è curatore ed editore del magazine “Reputation Review” e autore dei libri “La Reputazione è tutto” e “Reputazione: capitale del terzo millennio”
Nella realtà globalizzata in cui si muove ormai ogni settore di mercato, la “reputazione” ha assunto una dimensione sempre più importante ma, in particolare sui termini tecnici spesso impropriamente usati, è bene fare un po’ di chiarezza.
1 – Cosa si intende oggi per Reputazione? Cos’è e come funziona il Reputation Rating?
Reputare in latino vuol dire dare un giudizio, attribuire un determinato valore, una qualità o caratteristica a qualcuno o qualcosa in base a ragionamenti e valutazioni “proprie”. Ebbene quel “proprie” fa tutta la differenza di questo mondo.
Molti settori tradizionali della nostra economia sono da sempre basati sulla reputazione: il mondo delle assicurazioni, delle auto o il funzionamento di un intero sistema Paese.
Lo spread ne è un esempio concreto perché misura il livello di fiducia che altri Paesi hanno nei confronti del nostro sistema, valutato non solo per le imprese e gli scambi commerciali che lo costituiscono, ma anche per le qualità del governo, della classe dirigente e della società civile.
Si tratta di un concetto complesso che implica più dimensioni. Ma il più grande errore strategico è pensare che la reputazione sia solo quello che dicono di te online. Abbiamo strumenti in grado di captare la reputazione economica, altri concentrati sulla reputazione sociale e oggi vanno di gran moda quelli che parlano di reputazione online e di sentiment. Pertanto, dati i molteplici parametri di valutazione da considerare, è più corretto parlare di Reputazioni. Da qui nasce l’idea di sviluppare un rating per misurarle. I Rating, dopotutto, nascono inevitabilmente nel mondo della finanza, basti pensare a Moody’s, Standard and Poors, Fitch, quando si passa dal locale al globale c’è necessariamente bisogno di tracciare l’affidabilità di un titolo, di un fondo o di un Paese.
Allo stesso modo Reputation Rating, fondato assieme e Joe Casini, mira a tracciare e valorizzare la reputazione dei brand attraverso un algoritmo brevettato offrendo agli utenti i risultati in maniera chiara e trasparente. È l’unico motore di ricerca e comparazione Brand basato sulla reputazione.
Ogni azione che accade, ogni relazione che hai, ogni evento esterno o interno alla tua organizzazione incide sul tuo capitale reputazionale. L’algoritmo misura e pesa quanto incidono sulla reputazione i certificati registrati in modalità Blockchain ed emessi da organizzazioni specializzate nei vari settori di competenza.
2 – È vero che presto, attraverso la Reputazione, sarà possibile stimare il valore economico di un’azienda? Esistono prassi e norme comportamentali da seguire per avere un ritorno in termini di Reputazione? Le best practice per costruire consenso sono le stesse per un manager e per un capo di Stato?
Il baricentro del sistema economico si sposta sempre più dal capitale alla persona ed è ormai evidente che, dopo l’era dell’Internet of Things, la quinta rivoluzione industriale sarà l’era della Reputazione che, accompagnata alla fiducia e alla massima trasparenza in termini di autorevolezza, diventerà l’unico elemento di garanzia del sistema.
Costruire un consenso diffuso, dunque, è sempre più prioritario e le parole d’ordine per centrare l’obiettivo sono: collaborazione, fiducia, rete, organizzazione.
In azienda e in politica, le best practice sono le stesse. Ciò che cambia è l’importanza dei singoli driver e stakeholder. Ma mentre per un capo di stato la Reputazione è denaro contante, valorizzato attraverso lo spread, per un manager è un capitale da tutelare e conservare.3 – Tre mesi fa, in piena emergenza Covid, lei dichiarava che la crisi avrebbe potuto addirittura rafforzare la “Reputazione” dell’Italia. Oggi, con la Fase3 da programmare ed un sistema Paese da ripensare, con quale reputazione usciamo dalla crisi Covid?
La nostra era un’analisi di dati. Un’indagine di media intelligence operata con la collaborazione di un partner americano – SemRush – e dunque priva di conflitti di interesse, con dati confermati anche da altre indagini e dai Rating internazionali.
L’intento era rispondere al quesito: “quali sono i paesi presi a modello nella gestione del Covid?” e l’idea era di analizzare solo contenuti in lingua inglese associati alle keyword: #nomePaese #Covid19 #lockdown #virus #coronavirus #health #safety.
Sono stati prodotti 350.000 risultati riferiti all’intero sistema Paese. Visti da fuori, insomma, siamo stati percepiti come coesi e come modello da seguire.
Questa indagine è stata portata all’attenzione del Parlamento dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte il 30 aprile u.s. ed è ampiamente argomentata nel numero di Reputation Review in edicola in questo periodo.
Per la Reputazione del Paese in generale rispondo con l’interrogativo chiave che deve porsi chiunque si approcci al tema della reputazione: “Reputazione nei confronti di chi, o rispetto a cosa?”. L’argomento diventa più gestibile quando si inizia a ragionare sulla sua multidimensionalità.